Palazzi Scaligeri

La famiglia della Scala prese il potere a Verona nel 1259 quando Bernardino Della Scala, da tutti detto Mastino, venne nominato da Ezzelino da Romano Capitano del Popolo.
I Della Scala non erano nobili. Essi appartenevano alla borghesia mercantile che si era sviluppata all'interno del libero Comune nei due secoli precedenti. Forse dovevano la loro fortuna al commercio della lana per la cui qualità Verona era famosa in Europa. Alcuni membri della famiglia avevano già ottenuto cariche politiche all'interno dell'amministrazione cittadina.
Le loro abitazioni, come quelle di molti commercianti, si affacciavano sulla piazza delle Erbe, l'antico foro romano, ancora centro della vita economica di Verona.
Proprio mentre rincasava dall'ingresso sul retro della piazza, Mastino venne barbaramente trucidato in un agguato mosso per vendetta privata.

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I suoi successori ritennero che la vecchia abitazione non fosse sufficientemente sicura né adatta al nuovo ruolo che la casata aveva ormai assunto a Verona, trasformatasi ormai di fatto in una signoria ereditaria. Vendettero il palazzo alla famiglia dei Mazzanti, della quale porta ancora il nome, e si trasferirono su piazza dei Signori, centro politico della città.

Cangrande, Dante, Giotto

Il nuovo palazzo era adeguato al prestigio della famiglia e ai tempi. Realizzato in mattoni, l'aspetto era più quello di un maniero che di un edificio nobiliare. Sulla cima, la fitta merlatura a coda di rondine identificava immediatamente l'appartenenza ghibellina dei Della Scala.
Qui, sotto la signoria di Bartolomeo e Cangrande, fu ospite Dante Alighieri, che probabilmente vi scrisse parti della Divina Commedia, provando al contempo l'umiliazione dell'esilio ("Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui, e come è duro calle lo scendere e 'l salir per l'altrui scale").
Secondo il Vasari, qui lavorò Giotto, affrescando alcune stanze per "messer Cane" (Cangrande), delle quali però purtroppo, ammesso siano mai veramente esistite, i successivi rimaneggiamenti hanno cancellato ogni traccia.

Con la fine della signoria scaligera e l'arrivo di Venezia, i nuovi dominatori vollero rendere chiaro il passaggio di potere a Verona e posero sull'ingresso del vecchio palazzo il leone alato di San Marco simbolo della Serenissima.

Le alterazioni e il restauro

Nel 1815, dopo la caduta di Napoleone, che era subentrato ai veneziani, Verona e il Lombardo-Veneto passarono sotto la dominazione asburgica. Gli austriaci fecero del vecchio palazzo scaligero uno dei propri centri di comando.
L'edificio venne pesantemente alterato, sia nella struttura interna che in quella esterna, trasformandosi in una tozzo palazzo neoclassico, stile architettonico in voga all'epoca.

Con l'annessione al Regno d'Italia Verona cercò di riprendere l'aspetto che aveva in epoca medioevale, all'apice del suo splendore. L'opera venne affidata all'architetto Antonio Avena che aggiunse al suo entusiasmo una certa dose di fantasia. Per recuperare l'aspetto che avevano i palazzi scaligeri si affidò ad alcuni dipinti cinquecenteschi che avevano l'edificio sullo sfondo. Venne rimosso l'intonaco dalla facciata lasciando il mattone a vista e vennero aggiunte nuovamente le merlature ghibelline. All'interno l'originale decorazione ad affresco ormai irrimediabilmente perduta venne sostituita con elementi decorativi presi da antiche stampe di tessuti. Anche se l'intervento venne successivamente criticato per l'eccessiva libertà che l'Avena si prese nell'immaginare forme e dettagli, l'impatto complessivo e l'inserimento nella piazza sono di grande effetto.

I palazzi scaligeri sono oggi sede della Prefettura e della Provincia di Verona.

I palazzi scaligeri vengono normalmente illustrati esternamente assieme agli altri edifici di piazza dei Signori, una delle tappe fondamentali di ogni visita guidata del centro storico di Verona. In occasioni speciali il palazzo viene aperto al pubblico ed è quindi visitabile anche internamente.